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C’era una volta in Italia la voglia di maggioritario

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Il dubbio amletico che turba il sonno intorno al Nazareno è se il Pd sia ridotto così per colpa di Renzi o se Renzi sia ridotto così per colpa del Pd. Magari i due elementi combaciano… di certo non era così facilmente immaginabile solo tre anni fa che il Partito erede di un pezzo importante della storia del Paese finisse agli stracci e agli sfratti. Per di più di fronte a un referendum sulla Costituzione scritto a tentoni, nel buio rischiarato dalla convenienza di uno e del suo cerchio ormai molto poco magico, dopo valanghe di voti di fiducia che oggi permettono al premier, caudillo o statista che sia…, di rinfacciare loro quei voti. Dopo quello che si è detto su Renzi, anche ieri qui da Marco Travaglio, è difficile aggiungere qualcosa, anche perché spesso il Renzi se le dice e se le contraddice da sé. Per lui non è necessario neppure l’archivio, basta uno straccio di memoria che dimostra come per lui il sì e il no siano quando occorre la stessa cosa.

Evidentemente non nel caso del referendum di dicembre, questo è vero, in cui un no deciso malgrado il bombardamento mediatico contrario impedirà mi auguro guai peggiori. Ma di sicuro l’insieme non manda un buon odore, non solo politico ma culturale, e antropologico: intendo dire che almeno per chi scrive votare no è logico, ma sa comunque di retroguardia come l’insieme di ciò che accade da troppo tempo in questo Paese e come è naturale sta finendo di affossarlo.

Il peggio era un tale emerso dalla società civile, un tycoon affarista senza un credo preciso che non fosse il “mantra” anticomunista, tramontato tra interessi privati ed escort pubbliche? Et voilà, togli le aziende, togli le escort e chi ti rimane? Del resto tutta la vicenda del Pd forse andrebbe riletta con più sincerità. Per i pochi che a caldo, passionalmente o con un’inerzia di antico stampo ci credevano, ce ne erano abbastanza una decina d’anni fa che avevano fatto solo conti di bottega, in una fusione fredda tra Ds e Margherita a base di immobili e volontà di governo. Invece sembrò evidentemente agli italiani, questi italiani, più credibile un Berlusconi dichiarato nei suoi interessi che un partito nuovo che pareva vecchio e parlava di valori alludendo sempre ad altro. Si è sfarinato per colpa della farina, insomma, e il modesto mugnaio del mulino attuale gli ha semplicemente dato una spinta per la scesa. Altro pasticcio che fa risuonare nelle stanze della Direzione del Pd parole come “lealtà” e “fiducia” che purtroppo ormai fanno sorridere, è quello del combinato disposto Riforma-Italicum.

A parte il palese gioco delle tre noci e del pisello che non si trova (non c’è, grazie che non si trova…), anche qui sembra uno stagno mascherato di novità che invece sempre stagno rimane. Si parla di premio di maggioranza, di proporzionale di ritorno, di liste bloccate o non… Ma chi si ricorda che nel ’93, quando doveva cambiare tutto dopo Tangentopoli identificata nelle ruberie partitiche favorite dal proporzionale, l’ipotesi di un maggioritario uninominale, secco, all’inglese, proposto da Pannella e non solo, venne azzoppato dal maggioritario un po’ e un po’, 75% di maggioritario e 25% di proporzionale, alias Mattarellum? E il nome di quella legge così compromissoria non vi suona leggermente familiare? Magari al Quirinale… Lo so, si obiettava che non eravamo adatti per una simile nettezza, che il rischio di un popolo multicolore infilato nella camicia di forza di una scelta decisa, di una maggioranza in Parlamento che potesse non combaciare con quella nel Paese, era troppo per noi… E invece così, con una lizza politica squacquerata e le urne sempre più deserte? Un futuro trionfante, con o senza Renzi, laJP Morgan e i cugini delle banche?

Oliviero Beha, Il Fatto Quotidiano


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