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Il Paese esplode e loro giocano nella santabarbara

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Alla moviola l’aula fa muro contro il ddl del M5S sul taglio agli emolumenti dei parlamentari, e credo che qualunque persona di buona volontà dovrebbe rabbrividire. Attenzione, non per la decisione in sé (l’argomento dei costi della politica è trito e ritrito, e direi nitrito se anche ieri c’è stato qualche mezzosangue disposto a battere gli zoccoli sui banchi gridando “è demagogia!”), appunto e purtroppo largamente prevista. Mettendosi nei panni tattici del Pd, il partito di governo più esposto in simile circostanza, si può tranquillamente e “tecnicamente” sostenere che per Grillo e i suoi è molto più semplice la battaglia per la riduzione dei costi, peraltro cominciata da prima di entrare in parlamento, che non – che so – amministrare Roma e i suoi frigoriferi. Sarebbe cioè una campagna “strumentale” in un Paese in cui tutto è (diventato) strumentale. Si dice e si fa una cosa alludendo sempre ad altro. Ma in ogni caso il fine del M5S rimarrebbe chiaro, urgente e largamente condivisibile di suo. Dall’altra parte, lasciando stare le frange scomposte che si ricompongono solo per la busta di fine mese, ci sono le macerie del Pd, che avrebbe tanto bisogno di rifarsi una faccia. Presentabile, intendo, buona per poter rinfacciare gli errori degli altri nella marea dei propri. Con che faccia invece può parlare oggi? E chi? Renzi e la sua scia dell’ipotetico partito personale? La minoranza pidina che vota No (o almeno così dice) al referendum ma contribuisce alla bruttissima figura di ieri? Non sembra proprio di assistere a una “posizione politica” con tutte le virgolette del caso, piuttosto alla semplice difesa del soldo.

Eppure premettevo che più del tema del ddl mi premeva altro, e precisamente il contesto, di ieri, di oggi, di anni a questa parte: guardiamoci intorno. È questa l’Italia che vogliamo? Una porzione (smodata) di calcio, la tv per lo più scadente, un pizzico papista di Sorrentino, molto gossip e tanta, tanta comunicazione vuota: mentre qualche paesotto italiano si tinge d’Ungheria con gli immigrati, tutti gli indicatori economico-sociali segnano il rosso, una generazione è pressoché persa dal punto di vista non solo lavorativo ma come contributo alla vita collettiva in attesa che termini il bancomat paterno, e la cronaca è sempre più nera. Che c’entra questo contesto con il “respingimento” del taglio agli stipendi ieri? Ecco, appunto: sembra che non c’entri nulla, che a Montecitorio si viva sugli alberi, che la quotidianità offesa di larghissimi strati della popolazione non entri in Parlamento se non nella retorica di troppi mangiaufo. È questa stridente distanza che la straordinaria sensibilità dell’aula nei confronti delle proprie tasche ha messo in scena ieri. Doveva essere “politica” la necessità di rendersi più consapevoli delle difficoltà di molti tra coloro che li hanno mandati nel Palazzo, doveva essere strumentale anche solo per riguadagnare qualche metro dei km perduti nei confronti della realtà di tantissimi italiani. Altro che demagogia, casomai una utile, ragionata, conveniente “demofilia”, se non fa mai capolino uno straccio di etica politica. Credo che questo intendesse il cardinal Bagnasco, anche senza interpellare il suo collega d’attico Bertone né considerare dove finisce l’8 per mille, le tasse aggirate e tutto l’ambaradan che conosciamo. Non si stupiscano poi se il M5S non perde voti ma ne guadagna: semplicemente, lorsignori senza distinzioni di schieramento stanno giocando a carte nella santabarbara di un Paese che rischia (eufemismo) di esplodere, e Grillo e i suoi hanno gioco facile a rinfacciarglielo. Si accumulano moralmente e non solo materialmente le macerie, e ricostruire sarà sempre più difficile…

Oliviero Beha, Il Fatto Quotidiano


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